Expat: allenarsi a una nuova cultura

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L’internazionalizzazione e la globalizzazione hanno fortemente accelerato i processi di migrazione professionale a livello internazionale producendo nuovi bisogni necessità e criticità.
La mobilità internazionale delle risorse umane è un fenomeno in crescita le cui modalità e forme cambiano continuamente.
La sfida innovativa per le Direzioni HR è quella di cambiare l’approccio a tale fenomeno inquadrandolo all’interno di una strategia aziendale di sviluppo delle Risorse Umane che tenga conto dell’insieme del capitale umano per poterlo valorizzare al meglio e in maniera trasversale tra le diversi funzioni (Global Staffing Strategy).
Flessibilità, attenzione ai costi, pressione sui risultati si intersecano con la necessità di conquistare nuovi mercati e con un mercato del lavoro in perenne cambiamento ed un contesto economico-normativo che difficilmente ne segue il passo.
La “guerra” dei talenti richiede un sempre maggiore allineamento tra le aspettative aziendali e quelle personali, soprattutto per il personale internazionale per il quale gli investimenti sono notevoli e quindi diventa essenziale valutare correttamente il ROI.

Expat è il termine che nel linguaggio aziendale viene usato per definire la condizione di chi affronta un’ esperienza aziendale in un contesto socioculturale diverso da quello di appartenenza.
Generalmente si tende a sottovalutare « gli effetti » che si mettono in moto nel momento in cui ci si confronta con un contesto culturale diverso dal proprio dando per scontato che le conoscenze/competenze della persona che affronta la nuova avventura potranno manifestarsi ed esprimersi allo stesso modo che nella home country.
Per ridurre i rischi di un eventuale insuccesso dell’espatrio, tra i principali fattori da prendere in considerazione nella scelta del potenziale espatriato ricordiamo :

  • esperienze internazionali precedenti
  • competenze tecnico/professionali
  • competenze soft

Spesso la persona che, in velocità, dovrà riformulare il proprio presente si troverà ad affrontare – da un punto di vista psicologico ed emotivo- preoccupazioni, dubbi e cambiamenti che si presentano anche nel suo sistema familiare. Affrontare l’incertezza che un’esperienza di espatrio significa valutare ciò che si presenta di volta in volta, ogni volta come la prima volta.

“L’uomo moderno è consapevole di avere a disposizione una pluralità di linguaggi , di poter spiegare ogni fenomeno da punti di vista diversi e di poter, in fin dei conti, guardare a se stesso e alla propria identità secondo prospettive molteplici. Ciò è un fattore di libertà e creatività ma anche di potenziale disorientamento”. (Robert Musil)

Chi espatria, sebbene nella maggior parte dei casi abbia un supporto da parte dell’azienda che gli facilita l’ingresso nel nuovo contesto professionale e relazionale, si sradica (portando con sé le proprie radici) per potersi integrare in contesti culturali differenti che inizialmente possono disorientarlo.

Le proprie competenze professionali, per poter essere valorizzate dovranno essere quindi sostenute da “potenti metacompetenze” che coinvolgono il piano degli atteggiamenti, degli assunti culturali, della fiducia e della stima di sé, della capacità di saper “mantenere” la propria sicurezza al di fuori del contesto dei propri significati.
Competenze che ci consentono di apprendere passando continuamente da un ambito di esperienza ad un altro.
E per dirlo con il pensiero di Gregory Bateson possiamo affrontare questa nostra realtà multiforme a patto che mettiamo in atto la capacità di leggere una situazione con la consapevolezza che la realtà è polimorfica : quello che se ne comprende dipende dal punto di vista che si adotta.
Per sviluppare, quindi, un ottica interculturale è necessario coinvolgere la persona che affronta l’espatrio stimolandolo a capire e a dialogare con la cultura in cui si troverà ad operare attraverso tre fasi: analisi e riconoscimento, rispetto, integrazione.
Nella fase di Analisi e Riconoscimento si forniscono alla persona una serie di informazioni riguardanti la nuova cultura in cui dovrà lavorare.
La metodologia, da noi adottata per fare ciò, trae ispirazione dal modello di Fons Trompenaars, che individua sette dimensioni culturali che consentono di rilevare la distanza tra la cultura di partenza e la nuova cultura con cui si interagirà.
L’aspetto innovativo è rappresentato dal fatto che le sette dimensioni culturali sono state da noi correlate a competenze manageriali di base, in modo da avere indicazioni specifiche riguardo alle competenze che sarò necessario sviluppare/rinforzare per “orientarsi velocemente e lavorare con efficacia nel nuovo contesto.

Attraverso l’esplorazione e il riconoscimento delle caratteristiche della propria ed altrui cultura, matura un senso di rispetto consistente nel mettersi nei panni dell’altro e volto ad immaginare come si comporterebbe una persona di un altro paese in una situazione della nostra vita lavorativa. E’ il momento nel quale si raggiunge consapevolezza della relatività del proprio punto di vista e le differenze culturali vengono comprese e apprezzate.
L’integrazione avviene attraverso l’esperienza e la parola “esperienza” secondo il pensiero di Walter Benjamin, è una parola che si usava per intendere il cammino con cui una persona esce da sé e affronta il mondo, conquistandolo e insieme conquistando se stesso.
Ha il significato di un incontro attivo con qualcosa che si “incontra” e da cui il soggetto è modificato: è esperienza ciò attraverso cui si compie una maturazione che rimane proprietà del soggetto.

Investire su un percorso di expat coaching significa per l’azienda supportare la persona nelle varie fasi della sua esperienza: dalla partenza, nel durante, al rientro.

Un espatrio, ben gestito sia nella scelta del candidato, che attraverso un coach a disposizione capace di aiutare la persona a ridefinire le sue competenze in un contesto nuovo, può ridurre significativamente le probabilità di un insuccesso.

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